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Instagram: il re invisibile dell’attenzione


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Crescere oggi su Instagram è come partecipare a una maratona… ma partendo bendato, con i lacci delle scarpe annodati e qualcuno che ti lancia banane mauriziane in testa mentre corri. Chi è già in cima alla classifica parte in limousine; gli altri arrancano a piedi scalzi inseguendo le limousines.

Come artista, sembra quasi un sacrilegio non avere un profilo Instagram. Peccato che, dopo anni di post, io continui a chiedermi: “Ma a cosa mi serve davvero questo teatrino?”. Costruire relazioni autentiche con potenziali clienti? Certo, come no, è più facile convincere un gatto a farsi il bagno. Anche con contenuti di qualità, l’algoritmo ti guarda, sorride, e ti lascia a marcire nel limbo digitale.

E allora la domanda è inevitabile: a cosa servono davvero questi benedetti numeri? Sulla carta, Instagram è una vetrina globale: mostri la tua arte, cresci, trovi il tuo pubblico la famosa "nice". Nella realtà, è un’arena Hunger Games dove le regole cambiano ogni due settimane e la qualità artistica è solo un optional nel menù. Ok non sempre, ma quasi.

E poi ci sono loro: follower, like, condivisioni. Li osserviamo ogni giorno come se fossero l’oracolo di Delfi in formato app. Ma non sono semplici statistiche: sono la moneta sonante del mercato dell’attenzione, il doping psicologico che tiene in piedi l’intero circo e decide chi sale sul palco e chi resta dietro le quinte.


Perché i numeri contano (e pure tanto!)



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Like e follower non sono decorazioni: sono l’olio che fa girare l’ingranaggio di Instagram. Ogni cifra in più è un mattone che costruisce percezione, competizione e desiderio. Un post con mezzo milione di cuoricini sembra automaticamente più autorevole di uno con venti, anche se il contenuto fosse identico. È il famigerato social proof: se “piace a tutti”, dev’essere per forza buono.

Funziona come un ristorante pieno di gente o, nel mondo dell’arte, un’opera che “tutti” definiscono geniale. Magari tu davanti ci sbadigli, ma il coro della folla diventa il tuo giudizio. È antropologia travestita da marketing: l’umanità ha sempre avuto l’istinto di seguire il gregge, anche quando il gregge sta inseguendo un’illusione o qualcosa di dannatamente sbagliato. Solo a distanza di secoli ce ne rendiamo conto.

Per chi crea, quei numeri non sono vanità: sono valuta di mercato. Un brand non ti chiederà quante idee brillanti hai avuto stamattina sotto la doccia, ma quanti ti seguono. E nel vendere arte, spesso il biglietto da visita sono proprio i like: misura rapida, superficiale e perfetta per chi non vuole approfondire.

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Il problema? Il sistema è una valanga. Un post parte con un po’ di attenzione, l’algoritmo lo vede, lo spinge, arrivano nuovi like, nuova visibilità… e la palla di neve cresce. Chi invece parte oggi resta schiacciato sotto il peso delle valanghe altrui, o palle altrui: senza pagare sponsorizzazioni o fare acrobazie da illusionista digitale, la crescita organica è un miraggio.

Risultato: Instagram premia chi è già famoso e lo spinge sempre di piu'. Gli altri possono solo scegliere se scalare la montagna a mani nude o noleggiare un elicottero (traduzione: budget pubblicitario) per arrivare in cima.


Instagram senza numeri: liberazione o dittatura dell’algoritmo?


Facciamo un gioco: domani ti svegli, apri Instagram e… puff! Like e follower evaporati. Zero. Niente. Neanche un “cuoricino” superstite. Immagina la faccia di chi fino a ieri sfoggiava milioni di seguaci come un trofeo: improvvisamente tutti nudi di fronte al feed, senza la corazza dei numeri.

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Instagram questo esperimento l’ha già fatto: i like li vedevi solo tu, non gli altri. E in realta' e' ancora una opzione che puoi scegliere.

Risultato? Meno ansia sociale… ma anche meno tempo speso sull’app. Perché, ammettiamolo, il confronto e la gara implicita sono il carburante segreto che tiene acceso il motore.

Se sparissero del tutto, lo scenario sarebbe interessante:

  • Utenti comuni: meno pressione, più libertà di postare senza la paura di una figuraccia digitale.

  • Creatori: un disastro. Senza “prova pubblica” del proprio seguito, resterebbe solo il giudizio invisibile dell’algoritmo: il re assoluto e misterioso che decide chi sale e chi affonda.

  • Instagram: addio spinta competitiva, addio effetto “vedo che è virale → voglio partecipare”, e quindi meno tempo sull’app.

Il punto è che i numeri non sono solo un vezzo, sono la moneta di scambio di tutta l’ecosistema. Toglierli significherebbe trasformare la piattaforma in un gioco dove l’unico arbitro è l’algoritmo. E un algoritmo senza trasparenza è come un giudice che non spiega mai le sue sentenze: ti premia o ti condanna senza che tu possa capire il perché.

E alla fine, quando Instagram si è trovato davanti alla scelta tra ridurre l’ansia sociale o mantenere alto l’engagement… indovina quale metrica ha vinto? Comunque tutte e due gli scenari fanno abbastanza cacare!

Togliere i numeri non risolverebbe il problema: sposterebbe solo il potere nelle mani dell’algoritmo.


Il vero arbitro: l’algoritmo


Come Instagram decide chi vince (e chi sparisce come un disegno a matita sotto la pioggia)

Like e follower? Scenografia. Dietro le quinte c’è il vero direttore d’orchestra: l’algoritmo, un essere invisibile che non dorme, non mangia e vive solo per un’ossessione: tenerti dentro l’app il più a lungo possibile, come un ospite sequestrato con il sorriso.

L’arte? L’informazione? Dettagli folcloristici. Lui misura la retention: quanto resti incollato, se scivoli nei commenti, se tocchi il tasto “salva” come fosse un pulsante nucleare o se lanci il post ad amici ignari.

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E così:

  • Il banale travestito da suspense vince: un video di 15 secondi con il “colpo di scena” all’ultimo frame surclassa un contenuto onesto e ben fatto.

  • Clickbait e pornografia in incognito prosperano: sono zucchero puro per il cervello, stimoli da fast food emotivo e spesso sessuale (si l'app spinge molto l'erotismo ma col velo o che non faccia vedere un nudo esplicito ma tutto si!). Es. Una tettona con il capezzolo coperto da un francobollo si! Ma un nudo realistico dipinto no, o con pose troppo tabu'.

  • L’arte e il valore reale arrancano: platee più piccole, consumo rapido, interazioni meno impulsive… e l’algoritmo le mette in panchina.

Perché lui non è un critico d’arte, ma un rigattiere di attenzione umana. Compra i tuoi secondi all’ingrosso e li rivende al miglior offerente pubblicitario. E noi? Noi ci crediamo liberi, mentre balliamo al ritmo di un DJ invisibile che non accetta richieste.


Il paradosso del “successo” su Instagram


Numeri e algoritmo si tengono per mano come due compari di bisca, ridendo sotto i baffi mentre dividono il banco. In questa gio

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stra:

  • I già popolari galoppano su unicorni turbo verso nuove praterie di like, lasciando scie di glitter e sponsor.

  • I nuovi arrivati partono in gara con pattini rotti su un pavimento di sabbia: senza budget o chirurgia social, restano a guardare il podio col binocolo preso in prestito.

  • Il vincitore? Spesso è il contenuto più rumoroso, più scollacciato o più capace di promettere un orgasmo visivo in 3 secondi. L’originalità vera resta a leggere poesie in una sala vuota.

E togliere i numeri? Non è liberazione: è solo passare dal capitalismo vetrinistico (“Guarda quanti mi amano!”) alla monarchia algoritmica (“Io so cosa vuoi, e te lo servo prima che tu lo chieda”).

Il trono non cambia occupante: la piattaforma resta la regina, noi restiamo i sudditi… con la differenza che ci chiedono pure di portare la corona in affitto. Assurdo!


Conclusione: il branco invisibile


  1. I numeri come leva psicologica

    I follower non sono solo cifre: sono feromoni digitali. Come in natura lo stormo vira tutto insieme perché qualcuno là davanti ha deciso di cambiare rotta, qui virano tutti perché vedono un numero grasso, gonfio, appeso sopra un nome. Non importa se dietro c’è un genio o un frullatore di frasi motivazionali: il gregge si muove. Ma questo gregge non pascola a caso, il pastore è un algoritmo che non ti porta verso il pascolo migliore, ma verso il recinto dove la pubblicità è più succosa.

  2. Il valore economico della popolarità

    Nel bazar dell’influenza, i numeri sono banconote che non si stampano in tipografia ma in notifica push. Più zeri hai, più il tuo “ciao” vale in contratti, partnership, e sponsorizzazioni. Se togliessero la vetrina con i numeri, non cadrebbe l’industria, semplicemente il mercato diventerebbe invisibile, segreto, dove l’unico notaio è Instagram stesso, che timbra i valori come un banchiere che presta soldi… ma decide lui il tasso d’interesse e pure a chi prestarli.

  3. Dipendenza e gioco infinito

    Metti un contenuto, ricevi like, controlli, rimetti un contenuto: è il criceto che scopre di girare in una ruota collegata a un contatore di corrente che alimenta la piattaforma stessa. Togliere i numeri visibili? Forse farebbe sembrare la gabbia meno dorata, ma il meccanismo resta: Instagram non è un concorso di bellezza, è un casinò sensoriale. I numeri sono solo il tabellone luminoso; il mazziere, le regole e le fiches sono tutte in mano al banco che vince sempre.

Il vero colpo di scena: l’effetto gregge Non seguiamo ciò che ci piace: ci piace ciò che seguiamo perché altri lo seguono. È un buco nero sociale dove la massa diventa calamita e la calamita diventa massa. L’algoritmo è il pastore, i numeri il campanaccio, noi le pecore convinte di andare a zonzo libere. E alla fine scopri che non era un pascolo: era un labirinto, e l’uscita portava dritta alla cassa del banco.


💥 Epilogo: il grande spettacolo del nulla numerato


Abbiamo iniziato credendo di essere liberi di scegliere cosa vedere, seguire, amare. In realtà, ci siamo solo messi in fila per entrare nella giostra più grande del mondo, quella dove il biglietto d’ingresso si paga in attenzione, in tempo, che poi e' la cosa piu' preziosa che abbiamo. Il premio finale non esiste, sono solo più giri di giostra.


I numeri che tanto inseguiamo? Come le patatine nel sacchetto: sembrano tante, ma metà è aria. Eppure, continuiamo a sgranocchiarle perché tutti lo fanno, e nessuno vuole essere quello che resta senza. Anche io che sono qui seduto a scrivere questo articolo ora vi lascio che devo postare il mio ennesimo reel sperando che si converta in una vendita che possa mantenere la mia famiglia un mese in piu'.


Morale: non è il contenuto a fare il numero, è il numero a fare il contenuto. E mentre cerchiamo di “battere l’algoritmo”, lui gioca a scacchi con noi… e noi siamo ancora convinti di essere i pedoni più furbi della scacchiera.


Ironia illustrata Tra le righe di queste riflessioni, le mie illustrazioni fanno da controcanto ironico: un alter ego digitale che osserva il carosello di like, follower e algoritmi con un sorriso sornione. Sono piccole parentesi visive in cui l’arte vera fa capolino, ricordando che esiste ancora un mondo creativo al di fuori delle logiche di visibilità forzata.


Quindi..... Se vuoi scoprire un luogo dove i numeri non dettano le regole, entra nella mia galleria online e lasciati guidare dall’arte, non dagli algoritmi.Iscriviti alla newsletter per ricevere contenuti esclusivi, dietro le quinte e anteprime delle nuove collezioni, senza filtri, senza ranking, solo creazione autentica.



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© Michele di Erre Art
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Grazie per essere arrivatə fin qui sei chiaramente una persona curiosa.
Restiamo ispirati, un po’ strani e piacevolmente disorientati insieme.

Sinceramente Michele

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